Quello di Claudio Trotta e della Barley Arts sono i nomi che subito vengono in mente quando in Italia (e non solo) si parla di grandi concerti ed eventi musicali di rilievo.
Con alle spalle una lunghissima carriera che lo vede tra le figure di riferimento nella creazione e gestione di grandi eventi, quello che colpisce nella figura di Claudio Trotta – al di là di una notevole professionalità – è la passione con cui ancora oggi si approccia al mondo della musica, cercando di contrastare, ove possibile, “anomalie” che il sistema impone, come quello del secondary ticketing e del dynamic pricing .
Una sorta di pioniere visionario, un operatore culturale, di benessere e bellezza – come lo è stato Bill Graham negli USA – capace di cavalcare il nuovo millennio ricco di insidie e di concorrenza, non sempre leale.
Tutto questo senza dimenticare progetti legati alla musica che possano essere, al contempo, eventi musicali ma anche socializzanti, come ad esempio il Comfort Festival® che si è tenuto nelle precedenti tre edizioni in quel di Ferrara ed ora sbarca a Milano.
Un progetto che cresce di anno in anno, mettendo in risalto due aspetti troppo spesso dimenticati: la musica di qualità e il potersela godere in pieno relax, a differenza dei troppi eventi dove lo stress della partecipazione fa vivere al pubblico lo spettacolo certamente non nelle migliori condizioni. Prendendo spunto da questo ultimo evento abbiamo incontrato Claudio col quale abbiamo parlato anche dell’evoluzione della musica in questi ultimi anni.
CLAUDIO TROTTA: DOMANDE E RISPOSTE
Hai iniziato da giovanissimo a frequentare l’ambiente musicale italiano. Quelli erano anni in cui la musica aveva un valore sociale, oltre che di divertimento. Come sono cambiate le cose nel nuovo millennio e, soprattutto, come i giovani oggi percepiscono la musica?
Credo che siamo davvero in un mondo molto diverso. Molte le cause scatenanti di un cambio quasi totale dell’identità della musica e delle motivazioni che inducono al consumo senza alcuna reale funzione.
Fra le tante:
- La modalità di utilizzo più comune dei social regno del gossip, del presenzialismo fine a sé stesso e della più sfrenata volgarità e banalità.
- Il lungo e devastante periodo del distanziamento sociale indotto dalle decisioni di buona parte dei governi occidentali durante il Covid.
- L’abuso di posizione dominante che ha determinato l’esplosione di ogni sorta di speculazione sfruttando le passioni reali e indotte del pubblico.
- La completa abdicazione dell’industria discografica all’omologazione espressiva e mediatica più conclamata e diffusa di sempre.
Tutti questi elementi e molti altri non consentono ai giovani e giovanissimi di scegliere ma solo di essere scelti e contabilizzati. Il sold out è la nuova religione di artisti che hanno dimenticato le motivazioni in nome dei denari. Esserci a tutti i costi, invece l’obbligo che entra inconsapevolmente ma velocemente nelle menti come un “Alien” che porta con se il nulla cosmico.
SI tratta come organizzatori di non subire passivamente questi cambiamenti e coglierne le falle per lavorare per un futuro migliore del presente.
Il Comfort Festival® è una delle tue ultime creazioni, spiegaci l’importanza per te di vivere l’evento in pieno relax.
Questo Festival vuole celebrare la musica di qualità soprattutto di origine anglo americana roots, rock, blues, soul, country, folk, la canzone d’autore nella bellezza dello stare insieme, in un ambiente naturale ma urbano, spendendo poco e godendo molto e con una ristorazione adeguata e di qualità.
Il programma 2024 del Comfort Festival® è stato di quelli da fare invidia anche ai migliori eventi statunitensi, quanto è stato difficile mettere in piedi un cartellone di questo livello e come sei arrivato ad idearne uno ancora più grande per la prossima estate?
L’idea di fondo che mi ha sempre guidato in tutti questi anni è quella di creare dei festival “artistici” dove quindi si possa allo stesso tempo ascoltare quanto già si conosce ma anche avere l’opportunità di scoprire generi, autori e interpreti che non si conosceva prima.
Trovare il giusto equilibrio fra questi due leitmotiv è impegnativo. La concorrenza nella costruzione di un festival è europea essendoci davvero centinaia di possibilità in ogni nazione europea in tutti i weekend da maggio a fine settembre.
Si tratta di lavorare a tempo pieno mai rinunciando ai propri obbiettivi principali anche se nel corso della costruzione del festival succeda che si perdano molti pezzi per strada.
L’idea di quest’anno è di riprendere i concetti di una nostra rassegna che ho amato molto “Dieci Giorni Suonati“ svoltasi a Vigevano al Castello Visconteo dal 2010 per alcuni anni.
Più serate con tre artisti al giorno e un paio di talk in una sala della villa nel tardo pomeriggio presentando e raccontando album rilevanti con storici musicali e nuovi libri con gli autori. Nella villa saranno allestite aree relax e per famiglie e ristorazione solo di qualità.
Nella tua lunghissima carriera hai organizzato concerti con gli artisti più carismatici in circolazione, quindi hai potuto conoscere e toccare con mano le differenti personalità, con pregi e difetti. C’è molta differenza tra l’essere un big e una “nuova leva” della musica?
Non direi. Gli artisti, come credo anche si possa dire gli esseri umani, in generale cambiano e “corrompono” la loro essenza quando diventano ricchi e/o potenti. Io amo la musica, ma ho imparato a distinguerla da chi ne è l’interprete.
Questo non significa che non abbia amato e compreso la grandezza a tutto tondo di molti degli artisti con cui ho lavorato da John Martyn a Stevie Ray Vaughan, da Frank Zappa a Robert Plant, da Ry Cooder a Robert Smith e tantissimi altri come Phil Collins, Bruce Springsteen, Steve Vai e anche Van Morrison fra tutti senza dubbio il più libero e indipendente.
Per un organizzatore del tuo livello, è più seducente organizzare l’evento clou oppure scoprire e lanciare quello che potrebbe diventare la nuova star mondiale?
Quasi impossibile ormai poter sviluppare la carriera di nuovi artisti. Amo più di ogni cosa essere parte della creazione del benessere psico fisico di gruppi più o meno consistenti di persone che partecipino a eventi organizzati da me. Che siano i 100.000 di AC DC a Reggio Emilia o i 50 di una edizione del format A.R.M.O.N.I.A. creato con Slow Music in Val Gerola fa in realtà poca differenza.
Non sei mai stato un organizzatore di eventi “servo del potere”, come si diceva una volta, ma hai sempre cercato di dire la tua illustrando apertamente quali erano le problematiche che vedevi, potremmo dire anche con lungimiranza. Alcuni esempi potrebbero essere quando hai scritto all’allora Ministro della Cultura Valter Veltroni oppure direttamente alla Comunità Europea. Cosa puoi raccontare di tutto questo ed altro?
La vita è davvero preziosa e unica. Prezioso il limitato tempo a nostra disposizione.
Le scelte che si fanno determinano la qualità del nostro tempo. Sono soggettive e per nulla assolute e men che meno scontate.
Le mie mi hanno sempre irrimediabilmente spinto verso le sfide nei confronti di qualsiasi tipologia di conformismo. Esso sia l’espressione di omologazione culturale, di ricerca del potere, a tutti i costi o di una scelta politica in senso partitico, o un obbiettivo unicamente commerciale o finanziario. Mai e mal sopportati.
Quindi tutte le mie azioni nascono e si sviluppano in maniera naturale e credo senza arroganza. Con nessuna falsa modestia ma con tanta umiltà, coraggio e spesso sana ma pericolosa incoscienza e moltissima consapevolezza.
Naturale quindi partecipare e creare associazioni di categoria come Yourope, Assomusica, Unisca, ETS come Slow Music per proteggere e alimentare il territorio, l’identità, l’indipendenza dei produttori, comitati di cittadini come SiMeazza per combattere le speculazioni edilizie e la cementificazione e preservare un bene cittadino, immaginare creare e produrre nel 2017 il primo ed unico convegno del mondo contro il crimine del Secondary Ticketing, lottare durante il lungo periodo del Covid per la riapertura in sicurezza e con dei protocolli dei luoghi dello spettacolo dal vivo e del mondo dello stare insieme e tutto il resto.
E’ la mia vita. La mia felicità, la mia identità e personalità e se dovessi rivivere rifarei tutto oppure vorrei essere un violoncellista classico o un sassofonista jazz.
Come sono cambiati, nel tempo, i ruoli dei manager musicali e dei promoter? Ha ancora senso oggi questa figura o il “fai da te” può essere la strada giusta da intraprendere?
Credo che qualsiasi strumento utilizzabile per stimolare la creatività umana debba essere il benvenuto.
Tuttavia l’utilizzo superficiale e pigro come nel caso della rete può essere dannoso e davvero devastante.
Il concerto che non sei riuscito ad organizzare e che rimane un sogno nel cassetto?
Un festival di jam music sul Monte Subasio in Umbria, che inizia a mezzanotte con la luna piena e finisca 24 ore dopo.
I consigli a chi vuole intraprendere un’attività come la tua
Coraggio, intraprendenza, pazienza sono sicuramente necessari. Il futuro non è scritto e dipende da tutti noi.
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