Maurizio Faulisi, Dr. Feelgood di Virgin Radio, intervista esclusiva per A-Z Press

Per imparare a conoscere Maurizio Faulisi, il celebre Dr. Feelgood di Virgin Radio, dobbiamo dare un bel passo indietro nel tempo a quando l’album “Rock’n’Roll” di John Lennon – acquistato nel 1975 all’età di 13 anni – è stato per Maurizio il punto di partenza della appassionata ricerca e collezione di informazioni, storie, riviste, materiale discografico e bibliografico, andata via via facendosi sempre più ricca e importante.

Da un primo approccio al Rock and Roll degli anni ’50, il percorso si è diretto naturalmente verso gli sterminati campi dell’Hillbilly, dell’Old Time Music, del Bluegrass e del Blues, per diventare un viaggio a ritroso alla scoperta delle radici più nascoste della musica americana.

I generi, gli stili, le contaminazioni che determinarono la nascita della musica Rock and Roll lo affascinano tanto quanto le ramificazioni del Rock che continuano a mantenere un rapporto vivo con le proprie radici.

Il desiderio di trasmettere ad altri le scoperte e la sua conoscenza storico musicale, lo ha indotto a collaborare con emittenti radiofoniche e riviste, organizzare concerti, festival, seminari e ogni tipo di iniziativa allo scopo di coinvolgere nuovi interessati e soddisfare gli appassionati.

Faulisi conduce trasmissioni radiofoniche dal 1978, ha collaborato con emittenti regionali e nazionali, tra le quali Radio Popolare, Italia Radio e per 15 anni radio RockFM.

Dal 2009 è la voce di ‘Dr Feelgood’ su Virgin Radio, prima con delle pillole poi, a partire dall’aprile 2010, con il ‘morning show’, tutti i giorni da lunedì al venerdì dalle 06:30 alle 09:00.

Nella sua lunga carriera Maurizio ha scritto centinaia di recensioni discografiche e articoli dedicati ad artisti contemporanei e storici dell’American music, organizzato concerti e festival, e tiene tutt’ora workshop sulle origini del Rock and Roll in scuole di musica, istituti superiori, biblioteche, università ed è il Direttore fondatore del sito The Long Journey.

Le sue attività live prevedono dj-set in locali dove propone una sorta di trasmissione radiofonica ‘on stage’, e l’esibizione di una band denominata Dr Feelgood & The Black Billies che esegue musica elettrica e acustica, Bluegrass, Honky Tonk e Rock and Roll con un repertorio che spazia tra la seconda metà degli anni ‘40 e la prima degli anni ‘60.

Gli abbiamo chiesto di raccontarsi senza censura.

Maurizio Faulisi, l’intervista

Maurizio Faulisi Dr. Feelgood

 Cominciamo dallinizio, come sei arrivato alla radio e a diventare Dr. Feelgood di Virgin Radio?

È una lunga storia, il prossimo mese di settembre saranno 47 anni che parlo in un microfono radiofonico. Avevo 13 anni nel 1975 quando sbocciarono le prime radio ‘libere’, fu anche l’anno del mio primo acquisto di un vinile, “Rock’n’Roll” di John Lennon. Nei successivi 3 anni comprai un numero di album tale da credere di poter iniziare un programma radiofonico dedicato al genere musicale che dava il titolo al 33 giri di Lennon. Col senno di poi mi rendo conto che si trattò di una scelta irresponsabile, condurre una trasmissione potendo contare solo su un paio di centinaia di dischi era molto limitante, ma la leggerezza dell’età, sommata al velocissimo diffondersi delle radio, costantemente alla ricerca di collaboratori anche di scarsa esperienza, fece sì che questa mia attività ebbe inizio.

I primi due anni a Radio SuperMilano, dove conobbi Gigio Rancilio, Cris Thellung, Vittorio Castelli, Sergio Conforti (Rocco Tanica) e Andrea Rivetta, si rivelarono un’ottima scuola, durante la quale mi trovai particolarmente a mio agio nel proporre programmi tematici che affrontavano i tanti aspetti della musica Rock’n’Roll prima, Country e Blues poi. Fu infatti grazie al mio primo amore, il Rock’n’Roll, che mi appassionai alla musica delle radici, compiendo un approfondimento con un percorso a ritroso per scoprire le origini di quella musica.

Al mio ritorno dal servizio militare trovai la porta di Radio SuperMilano chiusa, avendo cessato l’attività, trovai spazio a Radio Popolare dove mi offrirono un’ora settimanale serale prima della trasmissione sul Blues condotta da Roberto Caselli, era il 1982. Per Radio Popolare, allora nella sua sede storica di via Pasteur, conducevo un programma di musica Country, durante il quale feci suonare in diretta diversi gruppi dell’area milanese, i Bluegrass Wind con un giovanissimo Max De Bernardi, i Country Jamboree di Ezio Guatamacchi, i Bluegrass Staff di Massimo Gatti. Country music prevalentemente acustica, in linea con l’interesse verso la musica folk della generazione dei giovani degli anni ’70 e primi ’80.

L’esperienza con Radio Popolare durò un paio di anni, seguirono altre emittenti locali e poi il network di Italia Radio, allora diretta da Daniele Biacchessi. Finalmente nel 1993 trovai casa nella mia radio ideale, RockFM. Una radio rock con uno staff assemblato da Marco Garavelli che si fece conoscere grazie al suo spirito libero e la sua passionale professionalità. Fabio Treves, Freakantoni, Ariele, Max De Riu, Claudia Tonella, Edo Rossi, Giulio Caperdoni, Mox Cristadoro, Luca Mattioli, con questi amici ho condiviso 15 anni bellissimi e condotto 3 diversi programmi: “Country Skyline” dedicato alla musica Country, “Good rockin’ tonight” dedicato al Rock’n’Roll e “Garageland” un’ora di Garage e Punk in coppia con Luca Mattioli (Il Metius). Nel 2008 i miei primi 30 anni di radio coincisero con la triste chiusura della radio. Tornai a Radio Popolare, a condurre “Crossroads”, una trasmissione che trattava musica roots americana a 360°.

Infine una telefonata da Virgin Radio, mi chiedevano di produrre pillole di musica Rock’n’Roll nello stile dei dj americani con tanto di nickname. Non andò in porto, il garante del marchio non ritenne adatto quel programma al format dell’emittente, ma siccome i test da me prodotti piacquero ad Alberto Hazan, l’editore, mi fu offerta la possibilità di fare qualcosa di simile ma più attuale, così fu. Durò pochi mesi perché nel frattempo il tour operator per il quale organizzavo viaggi in Harley-Davidson negli USA cessò l’attività. Fu l’occasione per far diventare la radio la mia professione, il 26 aprile 2010 partì “Buongiorno Dr Feelgood”. Il nickname che mi diedi era un tributo alla band di Lee Brilleaux, che scelse quel nome in ricordo probabilmente del bluesman americano Willie Lee Perryman, aka Dr Feelgood. Nel 2016 mi affiancarono Massimo Cotto e Beppe Severgnini, sostituito l’anno seguente da Antonello Piroso. Il povero Massimo ci ha lasciati il 2 agosto del 2024, da novembre 2024 al mio fianco ho Francesco Allegretti.

Raccontaci la tua esperienza con il Bluegrass e la Bluegrass & Country Music Association of Italy.

Nel maggio 1989 organizzai un festival radiofonico di musica Bluegrass, con i concerti trasmessi in diretta dall’adiacente teatrino della radio. In quella occasione nacque l’idea di fondare un’associazione dedicata a quella musica, venne fondata il successivo novembre. In 15 anni organizzammo concerti memorabili con band e artisti importanti come Doyle Lawson & The Quicksilver, Nashville Bluegrass Band, Weary Hearts, Lynn Morris Band, Dan Crary, Jim Eanes, Tim O’Brien, Darrell Scott, James King, Lou Reid & Carolina, Heather Myles, Dale Watson, ecc… poi mostre fotografiche, jam session, festival, seminari e pubblicammo pure per 15 anni la fanzine Country Store, diventata col tempo una vera e propria rivista bimestrale di 60 pagine.

Il sito The Long Journey, da dove viene e soprattutto dove va?

L’associazione, di cui sono stato presidente per l’intera sua vita, ha chiuso i battenti nel 2005. Per offrirne una testimonianza e dare continuità al lavoro svolto in quei 15 anni fondai successivamente il sito The Long Journey, inserendo tutti gli articoli pubblicati su Country Store e, per gentile concessione, articoli pubblicati da numerose altre riviste dedicati alla musica Country.

Durante la pandemia il sito è stato ampliato grazie a A-Z Blues che se ne è fatto carico rifondandolo con nuova veste grafica e struttura. Da quel momento è diventato un vero e proprio portale aperto a tutti i generi di matrice roots americana, Country, Blues, Roots Rock, Etnica. Un gigantesco archivio, una sorta di “biblioteca” online dedicata a tutti i generi e sottogeneri che possano essere considerati le radici del suono americano. Migliaia di articoli e recensioni, un vero patrimonio culturale contenente articoli nuovi e precedentemente pubblicati da diverse riviste da tempo scomparse, con un lavoro di recupero di materiale di rilevante valore che rimane a disposizione degli interessati vecchi e nuovi.

Sappiamo che sei anche un musicista, cosa puoi raccontarci dei Black Billies?

Nata come trio acustico nel 2013, la formazione si è ampliata fino a 5 elementi elettrificati nel 2017, trasformandosi in una vera e propria Rock’n’Roll band. La particolarità del gruppo è il suo repertorio, poche le canzoni prese dal panorama moderno, la scelta è sempre ricaduta su vecchie e oscure canzoni del passato remoto, anni ’40, ’50 e ’60 principalmente. Se peschiamo anche dal repertorio di personaggi famosi come Hank Williams e Johnny Cash scegliamo le canzoni meno note della loro discografia. Lo show ha un incedere cronologico, in equilibrio tra Country e Blues trasformati in vigoroso Rock’n’Roll. La band ha subito parecchie modifiche di organico purtroppo, oggi credo abbia raggiunto finalmente ciò a cui ambivo, sono molto soddisfatto e fiducioso che, anche grazie a produzioni in cantiere per il prossimo futuro, torneremo a calcare palchi che ci hanno molto gratificato, nei passati 7 anni abbiamo suonato al Carroponte, al Vintage Festival, ad Asti Musica, al Chiari Music Festival, ecc…


Dr. Feelgood & The Black Billies live

Dr. Feelgood & The Black Billies live al Chiari Blues Festival


I giovani e la musica, hai anche intrapreso la carriera” di divulgatore, sai dirci perché lo fai, a chi è dedicato e quali sono i tuoi risultati?

Divulgazione, è questo ciò che mi ha motivato da sempre, sin dalle prime trasmissioni radiofoniche di 45 anni fa, poi con le associazioni, con la cura della programmazione di locali e, da oltre 25 anni, con i seminari che porto in giro per l’Italia. Seminari dedicati al Country, al Blues e al Rock che ho tenuto in istituti superiori, università, festival musicali, biblioteche, scuole di musica e carceri. Oggi più che mai, vista la deriva culturale che il nostro Paese sta vivendo per quanto riguarda la musica da un po’ di anni a questa parte, c’è una grande necessità di far arrivare ai giovani stimoli che possano aiutarli a fare un personale approfondimento. Oggi ci sono decine di esperti che per decenni hanno scritto di musica, orfani della rivista alla quale collaboravano, faccio un appello perché si impegnino a raggiungere i giovani per trasmettere con entusiasmo ciò che sanno, è assolutamente necessario ed è possibile, ci vuole solo buona volontà. Se lo faccio io da molti anni è possibile anche per loro.

Parliamo del passato e del futuro, come è cambiato il mondo della radio?

Quando ho cominciato il sistema di trasmissione e i mezzi a disposizione erano a dir poco rudimentali rispetto ad oggi, è cambiato tutto. Purtroppo si è raggiunto uno stato di appiattimento e conformità per cui se si vuole fare qualcosa di diverso si deve collaborare con le radio web, ma le loro potenzialità come sappiamo sono molto basse. I primi 30 anni ho usato i miei dischi, tenevo aperto il microfono quanto volevo, invitavo in trasmissione chi mi pareva, a parlare e a suonare. Oggi le motivazioni per cui faccio radio sono diverse e diverso è il contesto, ovviamente mi ritengo fortunato di trasmettere da una radio rock, la numero Uno in Italia, è molto gratificante e mi permette di vivere di musica, anche se ho dovuto accettare di scendere a compromessi.

Anche il mondo della musica ha subito notevoli trasformazioni, quale è la tua esperienza in questi oltre 40 anni?

La più grande differenza è davanti agli occhi di tutti, quando noi ventenni del 1980 andavamo ad assistere ad un concerto di musica rock, o folk, blues o jazz la platea era principalmente formata da giovani, oggi da anziani. Questo è conseguenza di una trasformazione sociale e culturale che abbiamo tutti ben presente, ciò che ascoltano i giovani è completamente diverso, quelli della mia generazione hanno ben ragione di criticare lo stato attuale, sbagliato è colpevolizzare i ragazzi per questo.

I fattori che hanno portato a questa involuzione sono molteplici e meritano tutti di essere analizzati con attenzione, banalizzare con commenti da bar questo drammatico gap generazionale è quanto di peggio si possa fare.

Si deve riflettere bene, partendo magari proprio da un dato oggettivo, oggi è difficile dare ulteriore sviluppo creativo alla musica prodotta nel passato, ne sono coscienti anche i giovani che amano il passato, sanno che non incontrerebbe comunque l’approvazione dei loro coetanei. Ma ripeto, la faccenda è complessa e andrebbe affrontata con intenzioni costruttive, lamentarsi e fare i nostalgici non serve a nulla.

Un’occhiata al domani, quali pensi siano i passaggi fondamentali per mantenere accesa la torcia della musica di impronta afroamericana soprattutto nelle nuove generazioni?

Domandona. Ciò che di meglio ascoltano i giovani oggi ha le radici proprio in quella musica. Per cui, informarli di questo, fornendo loro i mezzi per capire che c’è un link che collega Robert Johnson e il successivo Rhythm’n’Blues a Run DMC e a molti venuti dopo di loro porterebbe uno buona percentuale di ragazzi ad interessarsi e magari contribuire all’evoluzione della musica mantenendo un legame più evidente con le sue radici.

Maurizio Faulisi e la musica

Ha ancora senso parlare di vinili e impianti hi-fi oppure ormai la musica è diventata essenzialmente digitale e disponibile in rete?

Mi sforzo di resistere alla tentazione di abbonarmi a Spotify, è possibile che ceda, vi dirò.

 Raccontaci se vuoi i tuoi progetti futuri, dove ti vedi tra 10 anni?

L’altro giorno ho compiuto 63 anni, fra 20 probabilmente spingerò un girello e ascolterò musica magrebina proposta dalla badante. Nel frattempo succederà che smetterò di lavorare professionalmente alla radio, ma non è detto che prima di appendere i dischi al chiodo non mi trovi qualche situazione che mi permetta di andare avanti ancora un po’.

A breve con la nuova formazione dei Black Billies produrremo singoli e video.

Con il mio trio acustico Country Folk porteremo in giro lo spettacolo dedicato ai libri di musica che trattano i temi delle canzoni in repertorio (“The Songbook Show”).

I seminari, oggi quattro, mi piacerebbe diventassero almeno 5 o 6, aggiungendo Garage, British Invasion, Soul… ma sono pigro.

E per questa ragione non scriverò un libro, cosa a cui sono andato vicino più volte scartando l’idea ogni volta.

Il sito The Long Journey andrà avanti a lungo, promesso.

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