Se pensiamo alla campagna e industria di qualche secolo fa, inevitabilmente la associamo ad un lavoro onesto di sudore e fatiche legato inestricabilmente ai ritmi della natura. Con l’arrivo della prima rivoluzione industriale nella seconda metà del ‘700 iniziano ad esserci i primi cambiamenti consistenti: vengono introdotte la macchina a vapore e la spoletta volante, che inizieranno a portare forti cambiamenti nel settore tessile-metallurgico. Con la seconda rivoluzione industriale iniziata intorno al 1870, la campagna viene pian piano sempre più accantonata per incentivare l’uso di macchinari e catene di montaggio grazie all’introduzione dell’elettricità e di prodotti chimici. La città e i suoi ritmi hanno preso il sopravvento sulla campagna e sulla natura passando rapidamente dall’idea generale di “lavorare per vivere” a quella terribile e snervante del “vivere per lavorare”.
Campagna e industria, ieri
La campagna, un tempo, era sinonimo di duro lavoro in qualunque condizione climatica, ma anche di aggregazione e famiglia. Infatti, dopo una lunga giornata nei campi ci si ritrovava tutti assieme la sera nelle stalle a “far filò”, raccontando storie, cantando e sgranando pannocchie al lume di candela. Era una convivialità semplice e genuina, basata su valori forti e legami duraturi e sulla preservazione della tradizione orale, ricca di proverbi, fiabe e modi di dire, tutti strumenti che comprendevano la sapienza e la ricchezza racchiuse in una cultura che legava tra loro le generazioni.
Certamente, bisogna dirlo, non era tutto rose e fiori, dalla figura della donna, relegata in casa e spesso succube della figura maschile, all’impossibilità per alcuni giovani di seguire ispirazioni e desideri per un futuro diverso, costretti da regole non scritte a perseverare nell’azienda di famiglia. Ogni realtà nella storia dell’umanità racchiude in sé aspetti positivi e negativi, ma è sui primi che al momento vogliamo soffermarci, senza dimenticare le conquiste di libertà ed emancipazione che con il tempo sono state raggiunte.
Oggi, dopo la terza rivoluzione industriale cominciata intorno agli anni ’70, questa convivialità e certi valori non esistono quasi più. Quest’ultima rivoluzione infatti è quella che ha introdotto nella società a livello massiccio l’elettronica, lo sviluppo delle telecomunicazioni e tutto quello che è legato al mondo dell’informatica. Riassumendo tutto ciò con le parole dello scrittore Paolo Malaguti: “Siamo forse più autonomi, ma di certo più soli. E molto illusi.”
Campagna e industria, oggi
Oggi, in questo preciso momento storico, dettato dall’emergenza sanitaria e dominato dall’hashtag #iorestoacasa, chi vive in campagna è sotto molti aspetti fortunato. Da sempre additate per lo più come persone ruvide e ignoranti, coloro che hanno scelto di lasciar perdere i folli ritmi cittadini per vivere secondo quelli della natura vengono ora invidiate. Chi è costretto dentro un appartamento di pochi metri quadri, e magari per di più senza terrazzino, senza poter uscire a passeggiare per prendere una boccata d’aria forse comincia a guardare con altri occhi chi vive “fuori dal mondo” tra il verde dei campi.
La nostra società ormai non può più fare a meno del livello di avanzamento tecnologico raggiunto, che inevitabilmente ha portato ad un miglioramento della vita di tutti i giorni, facilitando cose che un tempo richiedevano sforzi immani, pensiamo solo all’acqua corrente e all’elettricità, agli elettrodomestici e alla possibilità di vedere e sentire persone lontane senza spostarsi. Forse oggi più che mai stiamo riflettendo sulla necessità di uno sviluppo tecnologico che vada di pari passo con il vero benessere delle persone.
E domani?
Chissà che questa situazione non sia proprio l’occasione per portarci a riflettere sul nostro stile di vita: forse questo è il momento giusto per pensare ad una “rivoluzione agricola” e “retrocedere” a una vita basata sul rispetto della natura, dei suoi ritmi e dei veri valori.
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