Supporti musicali

Le modalità di ascolto della musica sono cambiate molto nel corso degli anni e, allo stesso modo, c’è stata una rapida evoluzione anche nella fruizione della musica stessa. I supporti musicali sono cambiati adeguandosi al costante cambiamento della vita quotidiana e rispondendo alle sue necessità.

 

La storia ci insegna che il punto di partenza è stato la A di “ascolto analogico” e dopo decenni di vere e proprie rivoluzioni sonore siamo giunti ora all’impalpabile Z di “zero (o quasi) supporti musicali fisici”. Un processo lungo e articolato ha portato gli ascoltatori a modificare il loro modo di fruire la musica, all’inizio solamente dentro le mura di casa e successivamente portandola sempre con sé.

Un piccolo excursus storico andrebbe fatto su come la musica veniva ascoltata prima dell’invenzione del fonografo, dispositivo pensato per registrare e riprodurre il suono, inventato da Edison nel 1877. In effetti, ben prima del rock and roll, la musica viveva solamente di esibizioni live come le chiameremmo oggi, ovvero concerti, spesso limitatamente all’alta società, in teatri o case private, e ancor prima solamente presso la corte dei vari re. Certo i menestrelli e cantastorie non hanno mai smesso di portare il loro messaggio educativo al popolo, come dei veri e propri ipod umani potremmo dire, ed il suono è sempre stato fonte di aggregazione e condivisione, prima di diventare “privato” e poter essere riprodotto senza la presenza fisica dei musicisti all’interno di quattro mura.

Supporti Musicali: gli inizi

Partiamo simbolicamente dal 1948, anno in cui negli Stati Uniti viene introdotto ufficialmente il disco in vinile a 33 giri, neonato dall’evoluzione del suo antenato in gommalacca a 78 giri. Il giradischi s’impone nei magnifici anni ’50 come status symbol di una nuova generazione pronta a lasciarsi alle spalle i nefasti effetti della guerra e che vuole godersi il boom vitale del nuovo decennio. Sul finire dei fifties, le grandi catene di elettrodomestici cominciano a produrre il famoso mangiadischi, un giradischi portatile a batteria perfetto per ascoltare i 45 giri preferiti in auto e durante i picnic. Da questo momento la musica abbatte la barriera del nido casalingo e comincia ad “invadere” anche gli spazi extra domestici.

L’evoluzione

Con l’avvento degli anni ’60 appaiono sul mercato sia lo Stereo8, sia la mitica musicassetta lanciata dalla Philips. Lo Steroe8 è stato inventato specificamente per la riproduzione della musica in automobile, infatti i primi prototipi degli 8-track e i primi lettori sono stati offerti come optional sulle Ford del 1966. Solo successivamente questo supporto musicale è stato prodotto anche per l’uso domestico. L’audiocassetta, ancora più facile da usare, economica e compatta, guadagna fin da subito popolarità e, parallelamente, dà vita anche al mercato delle registrazioni amatoriali e di conseguenza anche a quello dei bootleg, le “registrazioni pirata”. Nel 1979 nasce il Walkman Sony, il primissimo lettore portatile di audiocassette: la musica diventa sempre meno ingombrante e, dopo auto e picnic, inizia ad accompagnare i musicofili anche mentre fanno jogging o pattinano.

Sempre negli anni ’60 e ’70 proliferano nelle abitazioni anche i sistemi Hi-Fi che diventano veri e propri oggetti di vanto e gioielli da ostentare come segno di agiatezza economica. Spesso in quel periodo sorgevano confronti e accese discussioni fra appassionati riguardo gli abbinamenti migliori tra piatto-stereo-casse, ma pare proprio che riguardo la classicità e l’efficacia di unire il piatto Thorens TD145 con l’amplificatore Marantz 1072 e le casse JBL fossero tutti più o meno d’accordo. In quei decenni quindi la differenza tra classi sociali non era data solamente dal possesso o meno dell’automobile, ma anche dall’essere proprietari o meno di prestigiosi impianti Hi-Fi, cosa che oggi non riusciamo neanche lontanamente ad immaginare.

Nei primi anni ’80 vengono lanciati i dischi ottici tra cui, il più stabile e longevo CD. Questo supporto, nato dalla collaborazione tra Sony e Philips, ha permesso di ridurre notevolmente il rapporto tra dimensioni e quantità di dati immagazzinabili imponendosi arrogantemente nel mercato musicale e scalciando via il vinile dal gradino più alto del podio. A questo punto molti collezionisti, attirati dalla piccola e luccicante ciambella sonora, iniziano a smantellare le proprie raccolte di LP per ricomprare tutti i propri album preferiti nel nuovo formato CD. Fino all’avvento del nuovo millennio, questo supporto fisico domina incontrastato il mercato musicale, ma già dal 2007 le cose iniziano a cambiare con l’introduzione della “musica liquida”.

La musica liquida

Tutto partì prima dal genio di un giovane Shawn Fanning che nel Massachusetts degli anni Novanta inventò il file sharing, ovvero Napster, come scambiare musica compressa tra pari attraverso la rete internet, iniziando così una vera e propria rivoluzione dando i natali a una sorta di “discoteca infinita”. Il music business corse ovviamente ai ripari, anche e soprattutto attraverso diversi procedimenti legali.

In quell’anno, il 2007, EMI ed Apple stipulano un accordo che prevede la possibilità di scaricare file musicali liberi dal DRM (Digital Rights Management) dalla piattaforma iTunes. I tempi stanno cambiando drasticamente e la copertina della rivista Suono del maggio 2007 lo grida al mondo: un CD è in procinto di sciogliersi e poco sotto spicca il titolo “Dal supporto fisico al download: musica liquida”.

Gli anni 2000 hanno portato a un cambiamento estremo: la smaterializzazione della musica ha fatto sì che la si possa portare con sé ovunque si vada, dando vita una sorta di micro mondo totalmente personale grazie ad un semplice paio di cuffie. Dalla fruizione collettiva degli anni ’50 siamo giunti a quella cibernetica individuale nel 2020 e, mentre prima si condivideva un vinile ascoltandolo collettivamente, ora si clicca sul tasto “condividi” di YouTubeSpotify o qualsiasi altra piattaforma di streaming e lo si pubblica su Facebook.

La maniera di condividere, anzi di vivere, la musica è cambiata molto nel tempo: i modi in cui venivano fruite le canzoni nella società degli anni ’50 e ’60 basata sul collettivismo, sono ora anacronistici nella nostra società atomizzata e individualistica. Questo dimostra come anche i supporti musicali sono riusciti a restare sempre al passo coi tempi adeguandosi al cambiamento e rispondendo alle nuove esigenze della vita quotidiana.

Da pochi artisti a disposizione di cui si possedevano tutti i dischi ad una infinità di artisti di cui non interessa avere nulla, visto che con lo streaming si possono ascoltare tutte le volte che si vuole.

E nel futuro cosa ci aspetta? Un’evoluzione ancora più estrema verso tecnologie impalpabili e veloci o magari un ritorno ai supporti fisici e ad una “slow music”?

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