Molti giovani individuano nella musica indie la propria idonea dimensione, quella che li rappresenta in pieno e nella quale si identificano. Ci regala la sua versione il nostro amico e collaboratore Tommaso Bronzato, lui che giovane lo è sicuramente.
Se vi sedete sul divano a parlare di musica con vostro padre/madre o con una persona indicativamente nata tra gli anni ’50 e gli anni ’60 vi dirà che alla sua età si ascoltava rock, che quando era ragazzo il suo sogno era quello di andare ad un concerto dei Led Zeppelin o degli Stones.
Poi è arrivata la disco music, chi non si ricorda ad esempio dei Bee Gees direttamente dall’Australia?! O il reggae, dell’iconico Bob Marley col suo leggendario concerto a San Siro la sera del 27 giugno 1980?! O il punk dei Sex Pistols approdato direttamente da oltre Manica; sino agli anni ’90 caratterizzati dal grunge dei Nirvana e dei Pearl Jam.
Proiettandoci invece nel nuovo millennio, anche perché sarebbe impensabile fare qui ora una panoramica a 360 gradi e anzi non me ne vogliano l’infinità di grandi band e artisti non menzionati, si giunge al 2008, dove è la volta di un video caricato su YouTube, figlio dell’evoluzione dei tempi, a darci uno spaccato di come si era “sviluppato” il contesto socio-musicale.
L’intervistatrice andando in giro per Roma chiedeva ai giovani se fossero “dark”, “emo”, “brutal” ecc. e la risposta pareva già alquanto ovvia ad un primo colpo d’occhio, bastava guardare il vestiario o il trucco per rendersi conto a chi ci si stava trovando di fronte (lascio qui il link per chi volesse rivivere questo momento, o chissà, rivedersi in video:
Insomma il sentirsi parte di un genere musicale ha da sempre corrisposto anche ad un determinata maniera di approcciarsi e ad un modo d’essere esteriore, si pensi ad esempio al capello lungo del rocker o alla cresta verde del punkettone.
Ad oggi dunque, ancora una volta, vi riproponiamo le stesse domande: Che musica ascoltate? In che genere vi identificate?
- Io sono indie! Io ascolto indie!
Questa è la risposta che da qualche anno a questa parte si sente dare, una terminologia apparsa prepotentemente nel panorama e nel gergo musicale italiano; si perché se una volta eri un rocker o un punk, ora: sei un indie!
La nascita dell’indie
In realtà, se in Italia l’indie esplode come fenomeno di massa negli anni duemila, per risalire alle sue origini bisogna fare un salto addirittura agli inizi degli anni Ottanta; in coincidenza con la nascita di piccole etichette collegate a riviste musicali o a negozi di dischi locali.
Un punto di svolta fu dato dal giornale britannico “New Musical Express” il quale nel 1986 pubblicò un’antologia in formato musicassetta dal titolo “C86”; in questa cassetta erano contenute tracce di varie band emergenti le quali all’epoca si trovavano sotto contratto con etichette indipendenti. Questo progetto fu definito da un giornalista dell’epoca come la cosa “più indie che sia mai esistita” e Bob Stanley (ex giornalista musicale e fondatore della band inglese indie-dance “Saint Etienne”) ritenne che proprio da tale cassetta ebbe inizio l’indie.
Ma perché pubblicare una cassetta di questo tipo? Questa iniziativa nasceva dal fatto che si era creata una sorta di competizione tra la stampa di settore britannica e alcuni settimanali specializzati in band e mode musicali del momento, si era così creata una sorta di “gara” nello scoprire nuovi generi sonori per accaparrarsi più lettori.
Ed ecco allora che dall’attenzione di questi nuovi contesti underground ne uscì fuori l’indie.
Cosa significa essere indie e cos’è l’indie?
L’essere “indie”, differentemente da quanto detto sopra, non sembrerebbe affibbiare a chi lo ascolta una fisionomia ben definita. L’ascoltatore indie può avere gli aspetti più vari, passando dalla camicetta a quadri abbinata all’occhiale da nerd al look total dark, proprio perché questa musica ospita al suo interno svariati generi, spaziando dal rock, al pop, sino al folk e così via dicendo; un grande calderone in cui vengono riuniti i vari artisti.
L’artista, invece, viene ad essere considerato tale indi(e)pendentemente dal contesto di provenienza, ma sulla base di alcune sue scelte che potremmo definire extra-musicali (sia ben chiaro: con questo non ne voglio svalorizzare il prodotto, anche perché io stesso mi sento parte di questa grande famiglia!).
Poiché tale termine è appunto un abbreviazione di “indipendente”, la musica indie rappresenta così tutti quegli artisti, spesso emergenti o in genere provenienti da un ambiente underground, che si autoproducono o che si affidano ad etichette discografiche minori, che potremmo definire di nicchia, o ancora che si affidano a netlabel (termine col quale si identificano etichette discografiche che distribuiscono il proprio prodotto attraverso piattaforme di condivisione online e spesso senza un torna conto economico).
L’artista indie vuole in tal modo distaccarsi da quelle etichette discografiche cosiddette major, trovando in tal modo questo suo status di indipendenza.
Si può dire che sia una sorta di musica che proviene dal “basso”, dalla quale chiunque e da ovunque può emergere; non essendo quindi la nazione di provenienza o il look o la conformazione della band, ma quanto si vuole e in che modo lo si vuole dire, a farne dell’artista un artista indie.
Potrà così nascere un gruppo indie-pop dal Canada, un solista indie-rap italiano o ancora un cantautore indie-folk dagli U.S.A.
Tuttavia, nonostante questo fattore preponderante nella decisione se etichettare un’artista come indie o meno, anche da un punto di vista prettamente musicale si evidenziano delle caratteristiche peculiari.
In genere, difatti, la musica indie è connotata da arrangiamenti poco arzigogolati, che potremmo definire semplici, e da una modalità di scrittura dei testi, invece, più complessa rispetto ad un genere pop dove spesso la banalità delle rime è all’ordine del giorno. Nel testo indie si abbandona dunque la rima banale e si cerca piuttosto un linguaggio diretto che racconti la realtà, spesso anche ricorrendo all’utilizzo di metafore.
L’Indie in Italia
E in Italia? Dando ora uno sguardo al nostro Paese si può che l’indie abbia iniziato ad affacciarsi nello scenario musicale durante gli anni duemila grazie ad artisti quali ad esempio i Baustelle e i Cani del frontman Niccolò Contessa. E proprio da loro in poi c’è stato un continuo crescendo che ha portato, ad oggi, la “cultura musicale” indie ai vertici delle classifiche e del panorama musicale italiano.
Difatti basti pensare ad alcuni dei nomi più in voga, dai Thegiornalisti ai Pinguini Tattici Nucleari, che sono arrivati a calcare i palchi nazionali più ambiti e lo dico in particolar modo pensando al live dei primi al Circo Massimo di Roma o all’esordio degli ultimi sul palco dell’Ariston di Sanremo.
Non si può infine non menzionare Calcutta, a mio avviso uno degli artisti italiani più conosciuti e iconici, testimonianza vivida di tale modo di far musica e di tale ascesa.
Partito col primo album d’esordio il 18 dicembre 2012 dal titolo: “Forse…”, sotto l’etichetta Geograph Records e prodotto da Manuel Cascone, Grip Casino, Trapcoustic (aka Demented Burrocacao) e Calcutta stesso; sino ad arrivare, dopo questa partenza decisamente più indie, nel 2015 all’uscita dell’album “Mainstream” (forse ora in tutti i sensi) prodotto da Bomba Dischi e distribuito per l’appunto da una major come la Sony. Album che ha portato anche Calcutta ad esibirsi su grandi palchi davanti a migliaia di persone, quale l’Arena di Verona il 6 agosto 2018.
Si può dunque dire che ad oggi un artista/band indie affermato/a sia contraddizione di se stesso/a? Poiché se un artista/band fosse realmente indie non dovremmo conoscerlo/a, se non altro non si dovrebbe fare riferimento ad una grande massa di utenti.
È dunque il successo per antonomasia il nemico numero uno dell’indie?!
Perché nel momento in cui veniamo a conoscenza di un artista o di una band vuol dire che essi stessi sono entrati a far parte di quel processo di “mainstream-izzazione”, del resto dove arriva la massa di ascoltatori la major c’è già passata.
Mentre ci penso mi aspetto qualche indie con la camicetta a quadri e occhiali da intellettuale che mi dia una risposta…o qualche indie con il cappellino e i jeans larghi…o qualche indie con…
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