Sagre-e-fiere-di-paese-foto Antonio Boschi

Le sagre paesane e le fiere sparse in tutto il territorio italiano, che sono sempre state per il nostro paese l’ossatura delle relazioni sociali e delle tradizioni, sono a grosso rischio a causa dell’emergenza sanitaria. Un settore questo, assieme a quello dello spettacolo, che sta purtroppo subendo da qualche anno il peso della burocrazia e che ora è al limite del collasso definitivo.

 

Dopo i fatti di piazza San Carlo a Torino del 3 giugno 2017 in occasione della finale di Champions League, le prefetture italiane hanno imposto alle feste di paese di adeguarsi a standard di sicurezza più elevati che hanno spinto molte Pro Loco – il vero motore trainante ed organizzativo – a rinunciare all’organizzazione degli eventi stessi. Per allinearsi con le nuove normative ci sono costi sempre più elevati, questo vale anche per il noleggio delle attrezzature e delle tensostrutture. La fatidica “Circolare Gabrielli” ha falcidiato di netto moltissime feste di paese nate decenni fa e che da tempo incentivavano la promozione e la cultura dei prodotti locali tipici e dell’artigianato, promuovendo il mercato territoriale e supportando i piccoli e medi coltivatori, anima delle nostre tradizioni.

C’è chi crede che questa nuova normativa sia solo una questione di business e chi invece sostiene che sia più che giusto che anche le sagre di paese rispettino standard di sicurezza più elevati al fine di evitare incidenti, anche gravi, già successi in passato.

Le linee guida da seguire per poter essere in regola sono davvero numerose, molto precise e severe: requisiti di accesso all’area per i mezzi di soccorso, indicazioni per la capienza massima di partecipanti all’evento e norme per la suddivisione della zona in settori se si tratta di fiere o manifestazioni con tanta affluenza. Molte sagre, soprattutto le piccole realtà costruite sul volontariato, sono state obbligate a chiudere i battenti a causa della mancanza di un professionista che firmi e approvi il piano di sicurezza.

Come spesso accade, una richiesta più che legittima, ovvero quella di adeguarsi agli standard di sicurezza richiesti per qualunque tipo di manifestazione pubblica, viene riversata direttamente sui principali interessati, senza un processo di crescita e di cultura che potrebbe e dovrebbe essere supportato dalle istituzioni, in maniera tale da garantire la transizione verso un futuro più organizzato, senza dimenticare e perdere la ricchezza del passato. I cambiamenti repentini sono spesso dovuti alla negligenza che ha trascurato questo come altri settori, salvo poi in situazioni di emergenza chiudere i rubinetti e impedire di fatto la crescita del senso civico e lo sviluppo tecnologico e previdenziale, che sarebbe invece necessario per il bene della comunità.

Ora, le poche manifestazioni che sono riuscite ad adeguarsi ai nuovi standard si ritrovano a dover fare i conti con il problema del coronavirus: l’estate è alle porte, ma non c’è alcuna speranza che la stagione delle sagre paesane possa essere festosa come gli anni passati. Gli assembramenti e il pericolo di contagi vanno a sommarsi ai problemi burocratici e lasciano col fiato sospeso organizzatori e Pro Loco di tutta Italia.

Il coronavirus è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso in questo settore mai abbastanza considerato, ma di vitale importanza per l’identità dei territori e la salvaguardia di prodotti tipici di alta qualità. Le sagre molto spesso vengono ingiustamente tacciate come manifestazioni “popolane”, senza spessore culturale, ma in un paese come l’Italia sono di fondamentale importanza per far conoscere le eccellenze enogastronomiche e tornare anche ad uno spirito di comunità basato su volontariato e aiuto reciproco. Chissà se dopo le lungaggini burocratiche sarà proprio il coronavirus a stroncare definitivamente questo settore già in difficoltà, proprio come quello degli eventi musicali e dello spettacolo, oppure se proprio da un momento di difficoltà ci sarà la voglia di affrontare il cambiamento necessario agendo sulla riduzione della burocrazia e fornendo gli strumenti necessari per crescere e mettersi a norma.

E tra le sagre e i concerti, ci sono quegli eventi che fanno da trait d’union tra i due settori, come ad esempio il Rootsway, il festival che ogni anno si tiene nelle provincie di Parma e Reggio Emilia e che unisce i prodotti locali alla musica d’Oltreoceano. Questa manifestazione si prefigge di unire le tradizioni enogastronomiche dell’Emilia alla cultura e alla musica Blues e Roots: un evento straordinariamente importante per promuovere l’integrazione e l’interazione tra popoli attraverso una forma d’arte universale come la musica e la convivialità di ritrovarsi seduti attorno ad un tavolo ad assaporare cibo di qualità.

Anche il Palio Storico di Noale (VE), un evento inestricabilmente legato al mondo delle feste paesane, quest’anno è stato annullato perché fonte di assembramenti e quindi pericoloso per la diffusione del virus. Il Presidente della Pro Loco Enrico Scotton dice: «la maggior parte degli eventi che proponiamo sono per loro natura assembramenti e se non è possibile far stare la gente insieme, viene meno il senso stesso di far festa. Come si può pensare una pista da ballo in sagra mantenendo la distanza? Oppure uno stand gastronomico dove la gente deve rimanere distanziata, magari separata da divisori in plexiglass, non potendo nemmeno conversare. Forse è preferibile annullare tutto e aspettare tempi migliori».

Le prospettive di certo non sono rosee e gli organizzatori sono ormai rassegnati a fare un passo indietro, con la speranza che si possa tornare ad aggregarsi in un futuro non troppo lontano, magari diversamente, in sicurezza, ma non per questo rinunciarvi.

Anche le “sorelle maggiori” delle sagre, le fiere, sono a grosso rischio e si calcolano già i danni economici provocati al settore da questo stop imprevisto. Vinitaly, ad esempio, la più grande manifestazione dedicata al mondo del vino, dopo un tentativo di rinvio di qualche mese, è stata annullata definitivamente e riprogrammata per il prossimo anno.

Quale sarà il futuro di questi eventi tanto cari agli italiani? È difficile fare delle ipotesi oggi, ma siamo sicuri che la fantasia e l’ingegno dei tanti organizzatori sparsi sull’intero territorio nazionale saranno in grado di inventarsi una valida alternativa, perché – e questo è innegabile – in questo campo gli italiani sono i migliori al mondo.

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